Cenni storici
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Congo, Repubblica democratica del (RDC) Stato dell’Africa centrale (già Congo Belga, Repubblica del C. nel 1960-66, Repubblica democratica del C. nel 1966-71, Zaire nel 1971-97). È uno dei più grandi Stati africani e occupa gran parte del bacino del fiume Congo (o Zaire), con le sue grandi foreste e risorse minerarie. La capitale Kinshasa (già Léopoldville) e l’esiguo sbocco oceanico sono nell’estremo Occidente, mentre la massa territoriale della RDC è un insieme composito sotto il profilo ambientale e umano, fortemente regionalizzato e con problemi di fondo in termini di omogeneità nazionale che si riflettono nella sua storia tormentata. Popolato in origine da comunità pigmoidi, il Paese vide dal 1° millennio a.C. l’insediamento di gruppi bantu.
Le origini
Nell’odierna Angola sorge l’impero del Congo, che comprende anche l’estremo ovest dell’attuale Repubblica democratica del Congo e i territori attorno ai laghi Kisale e Upemba, nella regione dello Shaba. Nel secolo 15° si afferma il regno dei Luba, a ovest del lago Kisale. Ancora più a ovest, all’inizio del secolo 17°, si sviluppa l’impero dei Lunda. Nel nord-ovest, nasce una federazione di staterelli, che raggiunge il massimo splendore nel secolo 18°.
XV - XVIII secolo
I primi esploratori arrivano sulla costa ed entrano in contatto con il vasto impero del Congo. L’impero sfrutta soprattutto il commercio di avorio, i prodotti di rame e gli schiavi che arrivano nel bacino del fiume da tutta l’Africa Centrale; ad est, invece, il commercio degli
schiavi è organizzato dai mercanti arabi di Zanzibar
L’esploratore portoghese Diego Cão è il primo europeo a visitare il Congo. Seguono i primi contatti con la popolazione locale. Affascinato dalle conquiste tecniche dei portoghesi, il re del Congo vede nei nuovi arrivati un alleato per fare progredire il proprio regno e tenere a bada i vassalli. I portoghesi stabiliscono con il re e con le varie autorità locali centinaia di accordi commerciali. Nel 1489, alcuni giovani della nobiltà locale sono portati a Lisbona per esservi educati; torneranno in patria nel 1492, accompagnati da sacerdoti, monaci, soldati, maestri, carpentieri, muratori, contadini e perfino due tipografi tedeschi. Con la conversione del re Mbemba Nzinga (“dom Afonso”), ha inizio il grande regno cristiano del Congo. Nel 1518, Henrique, figlio di dom Afonso, diventa il primo vescovo dell’Africa (e l’ultimo per i seguenti quattro secoli).
Tra il 1500 ed il 1880 mercanti britannici, olandesi, portoghesi e francesi danno vita a una fiorente tratta degli schiavi. Si calcola che in quel periodo milioni di congolesi sono strappati alle loro terre per essere trasportati nelle Americhe; oltre la metà muore durante il viaggio.
XIX secolo
1840-70: il missionario-esploratore scozzese David Livingstone compie varie esplorazioni in Congo.
1874-77: l’esploratore britannico Henry Morton Stanley risale il fiume Congo, penetrando la fitta foresta pluviale, fino all'Oceano Atlantico, per conto del re del Belgio Leopoldo II, che progettava di trasformare il bacino del fiume in una colonia sotto il suo diretto controllo.
1876: il re del Belgio, Leopoldo II, fonda l’Associazione internazionale africana (poi denominata Associazione internazionale del Congo), il cui scopo è lo sfruttamento delle immense risorse del paese.
1884-85: la Conferenza di Berlino (nel corso della quale l’Africa fu dichiarata “res nullius”, il che permetteva agli europei di appropriarsene ufficialmente e senza scrupoli) sancisce la creazione dello Stato Libero del Congo, possedimento personale di Leopoldo II. Il dominio belga si rivela essere uno dei peggiori regimi colonialisti. 10 milioni di congolesi muoiono a causa della feroce repressione delle forze di sicurezza, impegnate ad organizzare al meglio la raccolta della gomma selvatica (caucciù), dato che il mercato è in espansione per la crescente domanda di autoveicoli e relativi pneumatici. Questa produzione fa la fortuna di Leopoldo II.
1891-92: i belgi conquistano la regione del Katanga, frenando così l’espansione verso nord del colonialista britannico Cecil Rhodes.
1892-94: i territori orientali sono sottratti ai mercanti di schiavi swahili (dall’Africa dell’est).
1895-1907: le popolazioni congolesi vengono sottoposte a forme estreme di sfruttamento.
1908: le proteste internazionali costringono Leopoldo II a cedere la propria sovranità sulla colonia: il Belgio si annette il Congo, come colonia, e condanna le atrocità commesse dagli agenti commerciali di re Leopoldo (centinaia di migliaia di congolesi sono stati uccisi o sono morti per il troppo lavoro sotto la “gestione personale” del re). Ma questo non porta comunque ad un miglioramento delle condizioni della popolazione del Congo belga (il lavoro forzato e le punizioni corporali continuano ad essere diffuse nella colonia). Il governo belga accetta volentieri il passaggio di proprietà anche perché l’anno prima vi è stato scoperto il primo diamante.
II guerra mondiale:
il piccolo esercito congolese riporta un certo numero di vittorie sulle truppe italiane nell’Africa del Nord. Inoltre, l’uranio impiegato per la fabbricazione delle bombe atomiche americane viene dai giacimenti congolesi. Intanto numerosi esponenti delle tante etnie congolesi si opposero fin dall’inizio all’oppressivo regime coloniale: tutti pagarono con la vita.
1957: prime misure di liberalizzazione e nascita dei partiti politici (spesso lungo linee tribali). Patrice Lumumba guida il Movimento nazionale congolese, l’unica formazione che considera i problemi a livello nazionale e contrasta le tendenze secessioniste di altre formazioni.
1959: sanguinosi scontri interetnici in Leopoldville (oggi Kinshasa). Re Baldovino cerca di calmare gli animi, promettendo una rapida indipendenza.
1960, 30 giugno: temendo una guerra di indipendenza, il governo belga ritiene opportuno ritirarsi prima di trovarsi coinvolto in un
conflitto, concedendo al Congo l’indipendenza, dopo un decennio di lotte politiche. Joseph Kasa-Vubu è presidente; il primo Primo ministro della Repubblica Democratica del Congo è Patrice Lumumba, leader del partito MNC (Movimento Nazionale Congolese). Poco tempo dopo l’indipendenza l’esercito, al cui comando erano rimasti gli ufficiali belgi, si ribella pretendendo la sostituzione degli ufficiali belgi con personale autoctono: numerosi belgi ritengono opportuno rimpatriare. Di fatto, l’impalcatura amministrativa del giovane stato viene in questo modo svuotata di uomini e competenze necessarie. Lumumba prende come stretto collaboratore il colonnello Joseph-Desirè Mobutu, il quale essendo l’unico lumumbista con qualche cognizione militare, viene incaricato di ricoprire la carica di Capo di Stato Maggiore dell’esercito. In luglio, Moïse Tshombe, già primo ministro del Katanga, inizia un movimento secessionista e dichiara il Katanga indipendente.
1960 - 1965: il governo belga invia le proprie truppe per proteggere i connazionali che rientrano, mentre Lumumba si rivolge all’ONU. Tutto questo avviene in piena guerra fredda: il dibattito al Palazzo di Vetro si fa estremamente acceso. Gli USA cercano di imbrigliare la manovra dell’ONU, sia perché non riconoscono come controparte legittima Lumumba (sospettato di collusione con l’Unione Sovietica), sia perché, in piena sintonia con le multinazionali che continuano a sfruttare le risorse congolesi, non intendono minimamente permettere all’URSS di intrecciare rapporti economico-politico-militari con stati centroafricani. In seguito alle pressioni statunitensi, l’ONU rifiuta di inviare, come richiesto da Lumumba, un contingente internazionale incaricato di mantenere l’ordine pubblico nel Katanga. Lumumba, allora, si rivolge verso l’URSS: questa mossa si rivela controproducente. Eisenhower, presidente degli USA, e il governo belga decidono di liberarsi definitivamente di lui. Mobutu, in seguito alle offerte provenienti dai paesi occidentali (specialmente da USA e Francia), che temono le simpatie comuniste del primo ministro, fa arrestare lo stesso Lumumba, per poi assassinarlo nel gennaio del 1961, durante un suo trasferimento farsa nel Katanga.
1965 - anni'90: giunto al potere con un colpo di stato, Mobutu instaura un regime autoritario a partito unico di cui divenne maresciallo-presidente. Uno dei suoi desideri era che il paese ritrovasse le proprie radici culturali. In quest’ottica, nel 1971 cambia il nome del paese, rinominandolo Zaire e obbliga gli zairesi a scegliersi un nome africano (cioè non cristiano). Egli stesso si rinomina Mobutu Sese Seko Koko Ngbendu Wa Zabanga (Mobutu il guerriero che va di vittoria in vittoria senza che alcuno possa fermarlo). La sua ascesa al potere è fortemente appoggiata sul piano internazionale, in particolare dagli USA e dai governi occidentali, sia in funzione anti-URSS, sia per garantirsi che la decolonizzazione politica non avesse conseguenze destabilizzanti sostanziali sullo sfruttamento delle risorse africane da parte delle multinazionali straniere. Lo Zaire è additato come esempio di decolonizzazione per tutta l’Africa. A poco a poco i metodi del regime e l’assenza del rispetto dei diritti umani rendono insostenibile, presso quasi tutte le opinioni pubbliche occidentali, il supporto allo Zaire di Mobutu. Fa eccezione la Francia, che anche dopo la decolonizzazione ha saldamente mantenuto la propria influenza economica e politica in Africa, senza andare troppo per il sottile nella scelta dei suoi protetti in costante contrasto con gli USA per motivi di prestigio e rivalità e con i sovietici per questioni ideologiche. Nel 1986, comunque, il regime di rapina e corruzione di Mobutu, che viene ribattezzato cleptocrazia (letteralmente “governo dei ladri”, ovvero una forma di governo che rappresenta il culmine della corruzione politica e una forma estrema dell’uso del governo per la ricerca della rendita), conduce lo Zaire ad una grave crisi economica ed il fossato che si è aperto tra il dittatore e la sua cerchia ed il resto del paese diventa incolmabile. Nell’aprile del 1990 Mobutu si rassegna ad accettare la presenza di un Parlamento multipartitico al proprio fianco ed a condividere il potere con il presidente del Parlamento stesso, ma questo non risolve la crisi.
1971: campagna di “autenticità africana”: Mobutu “ribattezza” il Congo Zaire e si dà il nome di Sese Seko.
1973-75: il presidente nazionalizza l’industria estrattiva ed espelle le compagnie straniere, favorendo la borghesia nazionale e la burocrazia statale.
1977: Mobutu invita gli investitori stranieri a tornare, ma con scarso successo; invio di truppe francesi, belghe e marocchine per assistere il presidente nel respingere un attacco delle forze angolane dell’Mpla penetrate nel Katanga (Mobutu sostiene militarmente il Fronte nazionale di liberazione dell’Angola, Fnla, di Holden Roberto, e i gruppi secessionisti della provinciale petrolifera angolana di Cabinda, contro l’Mpla di Agostinho Neto) e nel contenere le offensive del Fronte di liberazione del Congo.
1980-81: le potenze occidentali intervengono per garantirsi il controllo dei grandi giacimenti minerai strategici (in questo periodo, lo Zaire è il maggiore esportatore mondiale di cobalto, il quartro produttore di diamanti e tra i primi dieci produttori di uranio, rame, manganese e stagno). L’economia nazionale passa sotto il diretto controllo del Fondo monetario internazionale.
1981: il primo ministro, Nguza Karl i Bond, denuncia la dittatura di Mobutu, lascia l’incarico e chiede asilo politico al Belgio, presentandosi agli europei come “alternativa dignitosa” alla corruzione dilagante.
1984: Mobutu è eletto con il 99,15% dei voti.
1985: patto di sicurezza con l’Angola.
1986: il regime di rapina e corruzione di Mobutu, che viene ribattezzato cleptocrazia (letteralmente “governo dei ladri”, ovvero una forma di governo che rappresenta il culmine della corruzione politica e una forma estrema dell’uso del governo per la ricerca della rendita), conduce lo Zaire ad una grave crisi economica ed il fossato che si è aperto tra il dittatore e la sua cerchia ed il resto del paese diventa incolmabile.
1989: Mobutu ospita il presidente dell’Angola, Edoardo dos Santos, e il leader dei guerriglieri dell’Unita, Jonas Savimbi, che firmano un cessate-il-fuoco. In giugno, Mobutu è a Washington e ottiene un prestito di 20 milioni di dollari dalla Banca mondiale.
Aprile 1990: Mobutu si rassegna ad accettare la presenza di un Parlamento multipartitico al proprio fianco ed a condividere il potere con il presidente del Parlamento stesso, ma questo non risolve la crisi.
1991: in seguito a ribellioni da parte di soldati non pagati a Kinshasa, Mobutu forma un governo di coalizione con i leader dell’opposizione, ma mantiene il controllo dell’apparato di sicurezza e di importanti ministeri.
1993: creazione di governi rivali pro ed anti- Mobutu.
1994: Mobutu acconsente alla nomina di Kengo Wa Dondo, sostenitore dell’austerità e di riforme del libero mercato, come Primo Ministro.
1996: il governo di Mobutu orchestra la persecuzione dei profughi tsuti, fornendo ai ribelli, capeggiati da Laurent Kabila e armati da Uganda e Rwanda, il pretesto per cominciare la lotta armata contro il dittatore. Le Forze Armate congolesi si sfaldano, senza opporre resistenza all’avanzata dei ribelli.
Maggio 1997: i Tutsi ed altri ribelli, aiutati principalmente dal Ruanda, conquistano la capitale Kinshasa. Lo Zaire viene chiamato “Repubblica Democratica del Congo”, Laurent-Dèsirè Kabila si autoproclama presidente della Repubblica Democratica del Congo e Mobutu fugge in Marocco, dove muore di cancro, lasciando il suo paese al collasso economico, in conflitto con i paesi vicini ed in guerra civile al proprio interno. Il nuovo governo congolese non si differenzia molto dal precedente, caratterizzandosi per la corruzione dilagante e per l’assenza di attenzione verso le condizioni della popolazione. Ben presto i paesi vicini, delusi dall’uomo che hanno contribuito a portare al potere, decidono di rovesciarlo finanziando una serie di gruppi ribelli che operano sempre nell’est del paese.
1998 – 2000: comincia la guerra civile. Da una parte ci sono le truppe del Rwanda, Burundi e Uganda a sostegno dei ribelli (Rcd e Mlc); dall’altra le truppe di Zimbabwe, Namibia e Angola a fianco del presidente Kabila (sostenuto anche dalle milizie filo-governative Mayi Mayi e Hutu Interahamwe). Si tratta di una vera e propria guerra mondiale africana: alla fine le vittime saranno 3.5 milioni, (di cui 3 milioni morti per le carestie determinate dalla guerra) e i profughi 3 milioni (soprattutto donne e bambini). Si tratta del prezzo più alto in vite umane pagato ad un conflitto dopo la II guerra mondiale.
1998, agosto: ribelli sostenuti da Ruanda ed Uganda si sollevano contro Kabila e marciano su Kinshasa. Lo Zimbabwe e la Namibia inviano delle truppe per fermarli. Anche truppe angolane si schierano con Kabila. I ribelli assumono il controllo di molta della parte orientale della Repubblica Democratica.
1999: emergono delle divisioni tra il Movimento di Liberazione Congolese (MLC), i ribelli sostenuti dall’Uganda, ed il Rally per la Democrazia Congolese (RCD), appoggiati dal Ruanda.
Luglio 1999: le sei nazioni coinvolte nel conflitto firmano un armistizio a Lusaka. Il mese seguente anche i ribelli dell’MCD e dell’RCD firmano l’accordo.
2000: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu autorizza l’invio di una forza di 5500 soldati per monitorare il cessate - il - fuoco, ma continuano le ostilità tra ribelli e governo, e tra forze ugandesi e ruandesi.
2001
gennaio: il presidente Laurent Kabila viene ucciso da una guardia del corpo, ma la guerra non si ferma. Al potere sale il figlio
Joseph Kabila che intavola subito le trattative per arrivare alla firma degli accordi di pace.
febbraio: Kabila incontra il presidente del Ruanda Paul Kagame a Washington. Ruanda, Uganda ed i ribelli si accordano per un piano di ritiro coordinato dalle Nazioni Unite. Uganda e Ruanda iniziano a richiamare le loro truppe dal fronte.
maggio: l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati afferma che la guerra ha ucciso, direttamente o indirettamente, 2.5 milioni di persone dal 1998. Inoltre accusa le parti in conflitto di stare deliberatamente prolungando le ostilità per saccheggiare oro, diamanti, legname e coltan, usato per la costruzione dei telefoni cellulari.
2002
gennaio: l’eruzione del monte Nyiragongo devasta gran parte della città di Goma.
aprile: conferenza di pace in Sudafrica: Kinshasa accetta di dividere il potere con i ribelli sostenuti dall’Uganda e di nominare premier il leader dell’MLC. I ribelli dell’RCD, sostenuti dal Ruanda, rifiutano di firmare l’accordo.
luglio: i presidenti della Repubblica Democratica del Congo e del Ruanda firmano un accordo che prevede il ritiro delle truppe ruandesi dall’est del Paese e l’arresto ed il disarmo, da parte della Repubblica Democratica, dei guerriglieri Hutu ruandesi accusati dello sterminio della minoranza Tutsi durante il genocidio del 1994 in Ruanda. Settembre: i presidenti della Repubblica Democratica e dell’Uganda firmano un accordo per il ritiro delle truppe ugandesi.
settembre-ottobre: Uganda e Ruanda affermano di aver ritirato la maggior parte delle loro truppe dall’est del Paese. In Sudafrica iniziano trattative sponsorizzate dalle Nazioni Unite.
dicembre: viene firmato un accordo di pace tra il governo di Kinshasa ed i principali gruppi di ribelli. Secondo l’accordo all’opposizione ed ai ribelli spetterebbero dei ministeri nel nuovo governo ad interim.
2003
aprile:il presidente Kabila firma una costituzione di transizione, secondo la quale il governo ad interim organizzerà libere elezioni.
maggio: le ultime truppe ugandesi lasciano la zona est della Repubblica Democratica.
giugno: truppe francesi arrivano a Bunia, al comando di una forza delle Nazioni Unite.
Kabila nomina un governo di transizione che condurrà il Paese alle elezioni entro due anni. I leader degli ex- gruppi ribelli sono nominati vicepresidenti.
agosto: inizio dei lavori del nuovo Parlamento.
2004
marzo: attacco a basi militari di Kinshasa fa temere un colpo di stato, in seguito scongiurato.
dicembre: scontri nell’est tra l’esercito congolese ed ex- soldati ruandesi appartenenti ad un gruppo di ribelli. Il Ruanda nega un suo coinvolgimento nell’episodio.
2005
marzo: peacekeeper delle Nazioni Unite affermano di aver ucciso 50 membri delle milizie in un’offensiva; giorni dopo nove soldati del Bangladesh appartenenti alla forza Onu vengono uccisi nel nordest.
maggio: la nuova costituzione è adottata dal Parlamento.
settembre: l’Uganda avvisa che sarà costretto a rientrare con le sue truppe nel Paese dopo che è stata segnalata la presenza di un gruppo dell’ugandese Lord’s Resistance Army, entrato dal Sudan.
novembre: una prima parte dei soldati dell’ex- esercito zairese ritorna nella Repubblica Democratica dopo 8 anni di esilio nella vicina Repubblica del Congo.
Dicembre: i votanti appoggiano una nuova costituzione, già approvata dal Parlamento, che prevede lo svolgimento delle elezioni per il 2006.
La Corte Internazionale di Giustizia dispone un risarcimento da parte dell’Uganda per abusi verso la popolazione e per lo sfruttamento delle risorse congolesi perpetrato per cinque anni, fino al 2003.
2006
febbraio: la nuova costituzione entra in vigore; è adottata una nuova bandiera; decine di migliaia di donna e ragazze vengono stuprate dall’esercito e dalle milizie
marzo: il signore della guerra Thomas Lubanga diventa il primo sospettato di crimini di guerra ad essere processato dalla Corte Criminale Internazionale a Le Hague. Viene accusato di aver obbligato dei bambini a combattere.
maggio: migliaia di soldati dell’esercito e delle Nazioni Unite vengono inviati nel nordest per procedere al disarmo delle forze irregolari in vista delle elezioni.
luglio:anni. Dal voto non risulta un vincitore: Pierre Bemba si contendono il secondo turno a fine ottobre; forze leali ai due candidati si scontrano nella capitale;
novembre: Kabila è dichiarato vincitore del secondo turno;
dicembre: le forze del gen. Laurent Nkunda si scontrano con l’esercito regolare (sostenuto dalle forze dell’Onu) nel Nord Kivu (50mila persone costrette a fuggire).
2007
marzo: nuovi scontri a Kinshasa tra truppe governative e soldati leali a Bemba;
aprile: Rd Congo, Rwanda e Burundi rilanciano la Comunità economica delle nazioni dei Grandi Laghi (nell’acronimo francese: Cepgl); Bemba parte per il Portogallo, dopo essersi rifugiato per tre settimane nell’ambasciata sudafricana;
maggio: l’Onu conduce investigazioni tra le sue truppe, accusate di traffico di armi nella regione dell’Ituri;
giugno: mons. François-Xavier Maroy, arcivescovo di Bukavu, dichiara che si è sul punto di fare riesplodere la guerra nell’est; Serge Maheshe, giornalista della Radio Okapi, è assassinato (è il terzo giornalista ucciso nell’Rd Congo dal 2005)est;
agosto: Uganda e Rd Congo dicono di volere allentare le tensioni dovute a una disputa sui confini; aumenta il numero dei rifugiati e sfollati nel Nord Kivu, a causa della instabilità dovuta alle operazioni del generale dissidente Nkunda;
2008
gennaio: il governo e le milizie dei ribelli (tra cui quelle del gen. Nkunda) firmano un patto per porre fine al conflitto nell’est del paese;
aprile: scontri tra l’esercito regolare e le milizie hutu (rwandesi), tradizionalmente alleati, causano decine di migliaia di sfollati;
agosto: nuovi scontri tra esercito e soldati di Nkunda;
ottobre: le truppe ribelli catturano la base di Rumangabo; il governo congolese accusa il Rwanda di sostenere Nkunda; gli scontri si intensificano; l’avanzare delle forze di Nkunda crea il caos generale nella capitale regionale, Goma; le forze dell’Onu ingaggiano scontri duretti con le forze ribelli, a sostegno dell’esercito regolare;
novembre: una nuova iniziativa del ribelle tutsi Laurent Nkunda, che vuole consolidare il suo controllo sull’est del paese, causa la fuga di migliaia di persone; il Consiglio di sicurezza dell’Onu approva un momentaneo aumento di truppe di pace;
dicembre: Uganda, Sud Sudan e Rd Congo lanciano un’operazione congiunta contro le basi dei ribelli dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra) situate nel nord-est del paese (buon motivo per “scavare” oro e diamanti); centinaia di civili uccisi durante gli scontri.
2009
gennaio: offensiva congiunta (Rd Congo e Rwanda) contro le forze di Nkunda (5 settimane di violenti scontri); Nkunda è arrestato in Rwanda e rimpiazzato da Bosco Ntaganda;
febbraio: Medici senza frontiere accusa le forze Onu di non proteggere i civili contro gli attacchi dei ribelli dell’Lra;
aprile: riemergono le milizie hutu nell’est, causando la fuga di decine di migliaia di persone; maggio: Kabila concede l’amnistia ai vari gruppi armati, come tentativo di terminare la guerra; giugno: la Corte penale internazionale cita in tribunale l’ex vicepresidente Jean-Pierre Bemba per crimini di guerra; ammutinamenti di truppe regolari nell’est (non ricevono la paga da mesi);
luglio: una corte svizzera stabilisce che tutti i conti bancari (congelati) di Mobutu Seke Seko siano restituiti alla famiglia; agosto: il segretario di stato americano, Hillary Clinton, visita Goma e promette 17 milioni di dollari in aiuto alle vittime di stupro;
settembre: l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Navi Pillay, sospetta che le violenze commesse nel Nord Kivu tra ottobre e novembre 2008, sia dall’esercito regolare che dalle forse del Congresso nazionale per la difesa della democrazia (Cndp) di Nkunda, possano ammontare a “crimini contro l’umanità”;
dicembre: l’Onu estende il mandato della Monuc di 5 mesi.
2010
maggio: il governo preme per il ritiro delle forze dell’Onu prima delle elezioni del 2011; John Holmes, commissario Onu per gli Affari umanitari, mette in guardia contro un prematuro ritiro delle forze di pace;
giugno: il Consiglio di sicurezza modifica il mandato della missione Onu nell’Rd Congo, trasformandola in forza di stabilizzazione e avviando una riduzione del personale, e proroga il mandato della missione fino al 30 giugno 2011; il noto avvocato per i diritti umani, Floribert Chebeya, è trovato morto il giorno dopo essere stato chiamato a comparire dal capo della polizia; 30 giugno: celebrazioni per il 50° anniversario dell’indipendenza;
luglio: la Cpi ordina la scarcerazione «per vizio di forma» di Thomas Lubanga Dyilo, ex capo delle milizie congolesi accusato di genocidio, crimini di guerra e uso di bambini soldato; offensiva anti-ribelli dell’esercito nel Kivu, con 50mila persone in fuga dagli scontri; la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale approvano un alleggerimento di 8 miliardi di dollari del debito estero dell’Rd Congo; creata la nuova commissione elettorale per preparare le elezioni del 2011;
luglio-agosto: si parla di stupri di massa commessi nella provincia del Nord Kivu, imputati dall’inviato dell’Onu Margot Wallstrom sia alle forze regolari che a quelle ribelli; l’ “Operazione Rwenzori” contro i ribelli filo-ugandesi causa la fuga di 90.000 persone nel Nord Kivu;
ottobre: un rapporto dell’Onu sui massacri di hutu rwandesi nell’Rd Congo tra il 1993 e il 2003 afferma che tali uccisioni costituiscono “crimini contro l’umanità” e sono stati commessi da Rwanda. Uganda, Burundi, Zimbabwe e Angola;
novembre; le agenzie Onu riportano di stupri sistematici durante le espulsioni in massa di immigrati illegali dall’Angola verso l’Rd Congo; l’ex vicepresidente dell’Rd Congo, Jean-Pierre Bemba, è condotto davanti alla Corte penale internazionale dell’Aia accusato di aver consentito alle sue truppe di stuprare e uccidere nella Repubblica Centrafricana tra il 2002 e il 2003; il Club di Parigi cancella metà del debito estero dell’Rd Congo.
2011
gennaio: viene cambiata la costituzione (si dice per favorire il presidente Kabila alle elezioni);
febbraio: una corte condanna il col. Kibibi Mutware a 20 anni di carcere per stupri di massa nelle zone orientali del paese; 19 persone uccise in un attentato al presidente (così almeno dice la polizia);
maggio: il ribelle hutu Ignace Murwanashyaka è portato davanti a un tribunale in Germania per rispondere ad accuse di crimini contro l’umanità nell’Rd Congo;
giugno: uomini armati stuprano 170 donne presso Fizi (nel Nord Kivu); luglio: il col. Nyiragire Kulimushi, accusato di aver ordinato stupri di massa nell’est del paese, si consegna alle autorità; settembre: il leader delle milizia Mai Mai, Gideon Muanga, fugge da prigione con 1.000 detenuti;
novembre: alle elezioni presidenziali Kabila ottiene un nuovo mandato (lo scrutinio è criticato dagli osservatori internazionali e dalle opposizioni).
2012
maggio: le Nazioni Unite accusano il Rwanda di addestrare ribelli nell’est dell’Rd Congo; l’accusa è respinta da Kigali;
luglio: il “signore della guerra” Thomas Lubanga è la prima persona condannata dalla Corte penale internazionale in 10 anni di attività (10 anni di carcere per aver usato bambini-soldato);
ottobre: il Consiglio di sicurezza dell’Onu annuncia l’intenzione di imporre sanzioni contro i leader del Movimento ribelle 23 Marzo (M23) e contro i violatori dell’embargo delle armi contro l’Rd Congo; un commissione Onu rivela che Rwanda e Uganda forniscono l’M23 di armi e supporto logistico (ambedue le nazioni negano).
2013
febbraio: rappresentanti di 11 nazioni africane, in Etiopia, firmano un accordo in cui si impegnano a porre fine al conflitto nell’Rd Congo; il gruppo ribelle M23 ha dichiarato il cessate-il-fuoco alla vigilia dell’accordo;
marzo: il supposto fondatore di M23, Bosco Nagana, si arrende all’ambasciata rwandese ed è trasferito alla Corte criminale internazionale dell’Aia per rispondere ad accuse di crimini di guerra;
agosto: le forze dell’Onu liberano 82 bambini-soldato, arruolati a forza dalla milizia Mai-Mai Bakata-Katanga, attiva nella provincia del Katanga; intensi scontri armati tra l’esercito e le milizie del M23 e accuse reciproche tra i governi di Rwanda e Rd Congo (il secondo accusa il primo di sostenere il movimento ribelle);
settembre: oltre 550 bambini lasciano le file dei gruppi armati in Katanga, liberati dalle forze dell’Onu.
2014
febbraio: l’Onu accusa le milizie Mai Mai dell’uccisione di oltre 70 civili, nella zona di Masisi, nord Kivu; marzo: la Corte penale internazionale incolpa Germain Katanga, leader delle Forze patriottiche di resistenza dell’Ituri (FPRI) arrestato dalle forze regolari nel dicembre 2007, colpevole di crimini contro l’umanità commessi nella provincia dell’Ituri nel 2003;
giugno: scontri tra le forze congolesi e rwandesi sul comune confine; la compagnia petrolifera SOCO International, con sede a Londra, annuncia la sospensione delle trivellazioni nel Parco nazionale di Virunga (habitat naturale degli ultimi 200 gorilla di montagna).
2015
gennaio: proteste popolari – con una dozzina di vittime – contro proposti cambiamenti della legge elettorale, ritenuti dall’opposizione “mosse di Kabila per perpetuarsi al potere”.
2016
maggio: l’ex governatore del Katanga, Moïse Katumbi, dichiara la propria intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali; poco dopo, rischia l’arresto e lascia il paese per “cure mediche”;
novembre: la coalizione al potere e l’opposizione firmano un accordo politico con cui si accordano di posporre lo scrutinio presidenziale al 23 dicembre 2018; il primo ministro Augustine Matata Ponyo si dimette con tutto il suo governo per favorire la formazione di un nuovo governo comprendente personalità dell’opposizione; Kabila, che in teoria si sarebbe dovuto dimettere dopo il suo secondo mandato a dicembre del 2016, rimane al suo posto dopo aver fatto approvare una legge che gli consente di conservare la carica fino all’elezione del suo successore.
2017
giugno: un rapporto dell’Onu parla di 2.000 persone uccise in scontri etnici in pochi mesi nella provincia del Kasai;
novembre: la commissione elettorale fissa le elezioni per dicembre 2018;
dicembre: “mega-crisi” nel paese; il conflitto ha provocato 1,7 milioni di sfollati (una media di 5.500 al giorno per l’intera durata del 2017); 400mila bambini rischiano di morire di fame: proteste contro l’intenzione di Kabila di rimanere al potere e contro il continuo rinvio delle elezioni; la Chiesa cattolica organizza processioni di protesta, nell’intento di indurre il presidente a “mantenere la parola data”;
31 dicembre: repressione sanguinosa delle manifestazioni pacifiche promosse dal Comitato laico di Coordinamento, organizzazione laicale cattolica; 8 morti e numerosi arresti.
2018
gennaio: nuova prova di forza delle forze dell’ordine contro le “processioni pacifiche” dei cattolici; i vescovi ricordano al governo che il diritto di manifestare pacificamente va garantito;
febbraio: i vescovi denunciano: «Perché così tanti morti, feriti, arresti, rapimenti, attacchi a parrocchie e a comunità ecclesiastiche, umiliazioni, torture, intimidazioni, profanazioni di chiese, divieti di pregare?»; i vescovi ricordano che i manifestanti chiedevano pacificamente l’applicazione integrale dell’Accordo del 31 dicembre 2016, mediato dalla Conferenza episcopale cattolica e volto a portare il prima possibile il Paese alle elezioni;
24 febbraio: sostenitori di Kabila invadono la cattedrale cattolica di Kinshasa;
marzo: la principale coalizione di opposizione, l’Unione per la democrazia e il progresso sociale (Usps), sceglie Félix Tshisekedi (figlio del leggendario leader dell’opposizione e fondatore dell’Udps, morto nel febbraio 2017) come candidato alle presidenziali di dicembre;
giugno: il governo chiede alle commissioni incaricate di esaminare la possibilità di declassificare alcune aree protette nel Parco dei Virunga e nel Parco nazionale di Salonga e renderle trivellabili per l’estrazione del petrolio;
1° luglio: per iniziativa del presidente uscente Kabila, viene creato il Fronte comune per il Congo (Fcc), come propria piattaforma elettorale; 1° agosto: Jean-Pierre Bemba ritorna in patria, dopo 11 anni di esilio e di prigione; il partito di governo, Partito popolare per la ricostruzione e la democrazia (Pprd) sceglie Ramazani Shadary, un fedelissimo di Joseph Kabila, come proprio candidato alle elezioni presidenziali del 23 dicembre; altre 24 personalità hanno presentano la propria candidatura entro la data stabilita; la commissione elettorale dichiara che l’ex presidente Jean-Pierre Bemba non può candidarsi alle elezioni presidenziali (dichiarati inammissibili altri 5 candidati);
fine ottobre: la piattaforma elettorale governativa (Fcc) presenta ufficialmente il comune candidato presidenziale, Ramazani Shadary, nel corso di un grande raduno allo stadio Tata Raphael, nella capitale Kinshasa.